“UN’OSSESSIONE CHIAMATA CHAMPIONS”

Ossessione.
Imperativo ma altresì ossessione.
Ossessione Champions.
Assillo per chi sia stato costruito per dominare.
I giganti del Manchester City non possono permettersi altro risultato se non la vittoria.
La vittoria all'Ataturk Stadium, sabato, contro l'Inter.
Pep Guardiola è stato chiaro: senza la conquista della coppa dalle grandi orecchie, stagione non eccezionale per i Citizens.
Nonostante la Premier League, nonostante la FA Cup, centrata non più tardi di 4 giorni fa.
Lo ha esclamato Haaland, con quel: "One more, one more…", e lo ha ribadito il catalano Pep.
Guardiola, quindi.
Allenatore, gotha del calcio mondiale, eppure.
Eppure appena due Champions sollevate al cielo, ed anche piuttosto datate.
2009 e 2011, quando Guardiola era timoniere del Barca, e portavoce del tiki-taka.
Due anni fa la sconfitta in finale contro il Chelsea.
Un'amarezza mandata giù, per poi ripartire con veemenza e con le solite convinzioni.
Le convinzioni di un tecnico dal palmares debordante, ma alla conquista di uno squillo folgorante alla guida del City.
La Champions, quindi.
Fra la gloria e l'ossessione da placare, c'è un'Inter da domare.
Avversario che si presenterà, in Turchia, da underdog, ma non di certo da sparring-partner.
Il secondo posto nel raggruppamento, le eliminazioni di Porto, Benfica e Milan, e poi la Supercoppa italiana e la Coppa Italia già in bacheca, facciano dei nerazzurri, una rivale competitiva e mai doma.
Occhi aperti, quindi.
Guardiola lo sa, stima e apprezza Simone Inzaghi, ma deve soddisfare un'esigenza.
Un'esigenza impellente, un imperativo da cui sia impossibile trascendere.
Vincere la Champions League.
Tornare sul tetto d'Europa, 12 anni dopo, permettendo al City, poi, di vincere, per la prima volta, la coppa più prestigiosa per club.
Un'ossessione, quindi.
Tre giorni ancora e poi Pep sfodererà tutta la sua voglia, tutta la sua bramosia.
Mettere le mani sul trofeo che vale una carriera, un trofeo capace di impreziosire, ulteriormente, una storia personale, già di per sé, stellare.
Beneamata, permettendo.
Lorenzo Cristallo