“PENNA BIANCA E NERA”

Cinque giorni fa, Fabrizio Ravanelli ha compiuto 54 anni.
E forse, nessun'altro calciatore quanto lui, incarni, alla perfezione, una serata unica per i colori juventini.
La sera del 22 maggio 1996.
Una sera dai connotati indelebili per chi, da allora, insegua a perdifiato quel trionfo.
Un trionfo che, quella sera, nessuno immaginava potesse essere l'ultimo.
Da lì, altre 5 finali e tutte, puntualmente, perse.
Fra disfatte, beffe, manifesta inferiorità e una liturgia ripetutasi nel tempo, di una Vecchia Signora a testa bassa ad applaudire gli avversari di turno.
Quella sera, no, però.
Quella sera Fabrizio Ravanelli spiccò il volo ed inventò una traiettoria che incanalò il risultato sull'1-0 contro l'Ajax di Louis Van Gaal.
Come un rapace d'area ad anticipare Van der Sar e da posizione defilata, spedire la palla in fondo al sacco.
Da lì, a qualche secondo, occhi lucidi, corsa sfrenata, maglia a coprire il capo e poi giù, a raccogliere il tripudio di una Roma, per una sera, a tinte bianconere.
A seguire il pari di Litmanen, i tempi supplementari, i rigori, la coppa alzata al cielo.
Ed infine la dedica ad Andrea Fortunato, scomparso poco più di un anno prima.
Parole ed emozioni condensate nell'urlo di uno dei protagonisti principali di quella serata, ed oserei dire di quella cavalcata trionfante.
Fabrizio Ravanelli, alias Penna Bianca, l'attaccante che permise alla Juventus di issarsi sul tetto d'Europa.
Con quella foga, quella veracità, quel senso di appartenenza che, a distanza di anni, facciano di lui uno degli juventini più amati di sempre.
Qualche mese dopo si consumò l'addio dalla Vecchia Signora.
La sua storia da calciatore lo condusse in Inghilterra, poi in Francia, la Lazio ed infine il Perugia.
Ma il 22 maggio 1996 porta con sé un nome e cognome specifico, vale a dire quello di Fabrizio Ravanelli.
L'uomo capace di materializzare un sogno inseguito da 11 anni.
L'uomo capace di stendere l'Ajax indomabile dei vari Litmanen, Davids, Kanu e dei gemelli De Boer.
La corsa a perdifiato, il cuore rivolto ai suoi tifosi, al compagno Fortunato, il tutto condito con la generosità di sempre.
Di quel leone che dopo ogni gol sollevava la maglia, nascondendo la sua testa, come a raccogliere gli applausi dei suoi tifosi indistintamente, inconsapevole di ciò che sia riuscito a fare.
Lo amano ancora, ogni anno di più.
Perché, poi, a distanza di tempo, si sia compreso, perlomeno in casa Juventus, quanto importante fu quel gol e quanto irripetibile fosse stata quella serata.
Una serata romana, di metà primavera, sotto le luci dell'Olimpico, illuminata da un calciatore dai capelli brizzolati, Penna di un romanzo d'autore nell'Europa dei giganti.
Lorenzo Cristallo