“NON E’ PASQUA PER IL CALCIO ITALIANO”

24.03.2023

Nei scorsi giorni si è parlato di resurrezione del calcio italiano.

Ne hanno parlato in tanti – compreso me -.

Resurrezione del calcio italiano, a margine dell'approdo ai quarti di Champions, Europa League e Conference di 6 squadre del nostro Paese.

Milan, Inter, Napoli, Juventus, Roma e Fiorentina, che avanzano a petto in fuori, e spiccato spirito d'orgoglio.

Molti hanno citato, altresì, la parola "rinascita", dopo anni bui e avari di soddisfazioni.

Di certo non sapremo come andrà a finire nelle tre competizioni continentali, ma di certo, sappiamo, invece, che non sia stata rinascita per il calcio italiano.

Puntualizzazione d'obbligo da parte del c.t. Roberto Mancini, il quale abbia affermato che i risultati riportati, sin qui, dai club di casa nostra, rappresentino una loro rinascita, ma non del calcio tricolore, in senso stretto.

Ed in effetti, ieri, ne abbiamo avuto la prova.

Dopo anni in cui – specialmente prima e durante l'Europeo – occorresse guardare la Nazionale per tornare ad esser fieri del nostro Paese, ora sia in atto un'inversione di tendenza.

Ammirare il Napoli di Osimhen, il Milan di Giroud oppure la Juve di Di Maria, per issare il vessillo tricolore.

Club in cui sia molto bassa la percentuale degli italiani schierati dal primo minuto, ecco perché non si tratti di rinascita del calcio italiano.

Come può rinascere il calcio italiano, dopo un primo tempo orribile e scialbo al cospetto dell'Inghilterra?.

Il Napoli è travolgente. Ma di quel Napoli travolgente quali siano i primi nomi che vi balzino in mente?. Semplice, quelli del nigeriano Osimhen e del georgiano Kvaratskhelia.

Nigeria e Georgia, nulla a che vedere con quanto riguardi l'Italia.

Ed allora la conclusione sia più semplice di quanto possa sembrare.

Che i club di casa nostra abbiano attuato un colpo di coda, è innegabile.

Club infarciti di giocatori stranieri, alcuni di qualità, da cui, per il Mancio, sia impossibile, però, attingere a piene mani.

Per quanto concerne, invece, la Nazionale, si tenta di fare ciò che si può.

Si pesca Mateo Retegui dal Tigre, in Argentina, e si spera che possa essere un novello Batistuta.

Non è Pasqua per il pallone di casa nostra.

Forse per i club, sì.

Ma per la Nazionale, tutto ciò che implichi un ricambio generazionale, oppure un'onda nuova, azzurra, di giovani talenti avvezzi nel giocare su importanti palcoscenici – in stile Bellingham – sia, al momento, una mera chimera.

Chimera suggestiva ma, ahinoi, utopica.

Lorenzo Cristallo

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