“MAGIC BOX”

07.04.2023

Che storia, quella di Gianfranco Zola.

Da Oliena, dalla Sardegna, passando per il San Paolo di Napoli, sino ad esplodere a Stamford Brigde, nel quartiere in di Londra.

Un'escalation unica.

L'escalation di un calciatore non abbastanza compreso dalle nostre latitudini, ma ora insignito dell'onorificenza di entrare a far parte della Hall of Fame del calcio italiano.

Gianfranco Zola, come Roberto Baggio e Francesco Totti, senza dimenticare Zinédine Zidane.

Numeri 10 prelibati.

Numeri 10 rari, irripetibili nel calcio di oggi.

La sua umiltà, la sua spontaneità.

L'eleganza e la correttezza di un giocatore dotato di estro, fantasia e forza di volontà a profusione.

Nessuna agevolazione per chi nasce in un lembo di Sardegna dimenticato.

Nessuna scorciatoia per chi non fosse munito di un fisico statuario, ma con tanta qualità nei piedi e nella mente.

E' così, quindi, che Gianfranco Zola scala vette impervie.

Vette inimmaginabili per un ragazzo che muove i primi passi fra la Nuorese e la Torres, per poi conoscere da vicino un fenomeno assoluto, dal nome Diego Armando Maradona.

E' come se i due si fossero passati il testimone. Come se Re Diego avesse lasciato parte della sua eredità, e in particolar modo quel numero 10, alle spalle di un ragazzo, proveniente dalla Sardegna, di nome Gianfranco e di cognome Zola.

Quattro anni in maglia azzurra, dall'89 al '93, poi il trasferimento a Parma.

Anni gloriosi, anche lì, nell'isola felice del calcio italiano, all'epoca.

I ducali che conquistavano coppe in giro per l'Europa, allenati da Nevio Scala.

Nell'estate del 1996, poi, giunge Carlo Ancelotti, e l'idillio con Zola non è empatico.

Colui che, dopo alcuni anni, diverrà Re Carlo, non riesce a trovare una giusta collocazione, in campo, al tamburino sardo, che sentendosi ben poco valorizzato, e per nulla al centro del progetto gialloblù, prepara bagagli e valigie e si trasferisce al Chelsea.

In quel Chelsea che nulla abbia a che vedere con quello odierno, ma comunque un Chelsea che da lì, da quegli anni lì, iniziò a gettare le basi per ciò che sarebbe diventato.

Il Chelsea degli italiani Zola, Vialli, Di Matteo e dell'ex rossonero e blucerchiato, Ruud Gullit.

A Londra, Zola diviene "Magic Box", capace di incantare la platea londinese attraverso i suoi guizzi, le sue giocate sublimi, i suoi colpi di tacco e quelle punizioni che non lasciavano scampo ai portieri avversari.

Qualità tecniche e balistiche, imparagonabili, per molti aspetti, alla stragrande maggioranza degli interpreti che annoveriamo nella nostra serie A.

Al tramonto della carriera, infine, il ritorno in Italia, con addosso la maglia del Cagliari, ed un'avventura da allenatore non propriamente entusiasmante, con una piccola apparizione anche in A, al timone, sempre, dei sardi, dal gennaio al marzo del 2015.

Oggi, Gianfranco Zola, oltre ad essere insignito dell'onorificenza prestigiosa di entrare a far parte della Hall of Fame del calcio italiano, rivesta il ruolo dirigenziale di Vice Presidente della Lega Pro, a guida Matteo Marani.

L'unico suo cruccio sia quello di non aver inciso con addosso la maglia della Nazionale azzurra.

In totale 35 presenze condite da appena 10 gol, e quell'espulsione a Boston, il 5 luglio 1994, durante Nigeria-Italia, valevole per gli ottavi di finale di Usa'94.

Entrato in campo al 63', Zola ricevette il cartellino rosso 12 minuti più tardi, e lì si concluse il suo unico Mondiale disputato.

Un'amara uscita di scena, nel complesso di una carriera da attore protagonista.

Gol da leccarsi i baffi, rapporto solido in tutte le piazze in cui abbia giocato, un sorriso dispensato a chiunque, tanta umiltà e mai una parola fuori posto.

Non so se il nostro calcio lo abbia apprezzato sino in fondo, ma il riconoscimento nella Hall fo Fame sia quanto di più giusto e doveroso nei confronti di un "Panda" nel mondo del football, ossia uno degli interpreti migliori e sopraffini, capace di indossare la maglia numero 10, quando il 10 rappresentava il numero magico, il numero riservato a quella ristretta cerchia di fuoriclasse in grado di disegnare, dal nulla, traiettorie fantastiche.

Lorenzo Cristallo

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