“LA RIVINCITA”

In fin dei conti, per Spalletti, è una rivincita.
Nell'immaginario collettivo, tante, troppe, volte, la sua figura sia stata accostata a quei casi, capaci di mandare in ebollizione uno spogliatoio.
Dall'affaire Totti, nella Capitale, alla grana Icardi, nell'Inter.
Situazioni in cui Spalletti sia diventato oggetto di diatriba fra tifosi, e all'interno delle rispettive società.
Titoli vinti in Russia, ma in Italia, costantemente equiparato all'effige dell'allenatore dal gioco propositivo, dalle idee apprezzabili e argute, ma dalla bacheca vuota.
Quest'anno, no.
Da quest'anno la storia, la sua storia personale, stia per essere riscritta.
Riscritta settimana dopo settimana, da metà agosto in avanti.
Dagli addii delle stelle Koulibaly, Insigne, Mertens, Fabian Ruiz, Ospina, agli arrivi di Kvaratskhelia e Kim.
Lui, Luciano Spalletti, sempre lì, a difendere il nuovo corso, a preannunciarci che Kvara sarebbe stata una stella e il sudcoreano un animale da Champions.
Ed infatti, tant'è.
Giunti a fine febbraio, siamo al cospetto di un Napoli che veleggia, senza ostacoli, verso il terzo scudetto della sua storia.
1987, 1990 e 2023: saranno queste le date da marchiare a fuoco per esaltare i miglior Napoli, mai ammirati, in serie A.
In questa stagione, azzurri scevri da competitors, i quali si siano ridotti a contendersi tre dei quattro posti rimasti vacanti per la prossima Champions.
Nel frattempo, Spalletti predica calma, umiltà, vola basso e non si proietta in avanti.
Ogni giorno è una nuova sfida. Ogni giorno bisognerà essere abili nel non lasciarsi abbindolare da elogi, complimenti e parole al miele.
E poi la Champions. La cara e vecchia Coppa dei Campioni.
Partenopei ad un passo, ad un piccolo passo, dai quarti di finale. Traguardo mai raggiunto, prima d'ora, dalla squadra azzurra.
Spalletti motiva i suoi, rifinisce il 4-3-3 e valorizza gli uomini in campo.
Da un Meret rigenerato a un Lobotka alle prese con il suo anno migliore.
E poi il duo Osimhen-Kvaratskhelia: la Grande Bellezza che devasta la serie A e la competizione riservata alle nobili del Vecchio Continente.
Spalletti ha fame di successi. Fame di titoli.
Intenzionato a lasciare una seria impronta nella sua storia professionale, non vorrà essere ricordato, solo ed esclusivamente, come colui che affrontò a muso duro Totti, oppure che spinse sull'uscio di porta Icardi.
Vicende che fecero da corollario alla sua carriera, ma nulla che possa prevalere sul lavoro svolto in questi 2 anni all'ombra del Vesuvio.
Dal terzo posto della passata stagione, ad un Napoli pigliatutto, in questa.
Da un campionato in cui si contino le settimane che restino per dare sfogo al grande tripudio, ad una Champions in cui tentare l'inarrestabile scalata.
Perché Spalletti è così: sornione, astuto, dalla parlata barocca, spesso incomprensibile, ma da una chiara idea che gli frulli per la testa, vale a dire di ottenere rivincite.
Rivincite verso coloro che, per tanto tempo, lo abbiano ritenuto un allenatore dai metodi ricercati, ma incapace di dominare sugli altri.
Ebbene, cari detrattori, da metà agosto va in onda lo show azzurro, lo spettacolo che non conosce avversari.
Lorenzo Cristallo