“IO VINCO, MA SE PERDO LA COLPA E’DEGLI ALTRI”

Il solito Antonio Conte.
Passano gli anni, cambiano le città, cambiano le nazioni ma il leit-motiv, di Contiana memoria, è sempre lo stesso.
Se vince, i meriti sono suoi, della sua idea di gioco, del suo temperamento, della sua spiccata dedizione al lavoro.
Se perde, beh, in quel caso, il Mea Culpa è da attribuire ai presidenti e ai dirigenti dei club in cui alleni.
Storia di Antonio Conte: un vincente di successo, ma un perdente che, raramente, si interroghi su cosa avesse potuto fare per raddrizzare una determinata situazione.
All'epoca della Juventus, sentenziò di non poter accedere in un ristorante da 100 euro con appena 10 euro in tasca, come a dire: "Non posso impormi in Champions, con questa squadra qui". Monito rivolto ad Andrea Agnelli, monito conclusosi con un amaro divorzio.
In Nazionale, una e più volte, rimarcò la mancata collaborazione tra i club e la squadra azzurra.
Ostilità e disinteresse nei confronti dell'Italia, nonostante un Europeo sorprendente, con una rosa - quella sì - non all'altezza della manifestazione.
Poi nell'Inter. Un addio consumatosi con l'idea che i mancati investimenti avrebbero ridimensionato il percorso futuro della Beneamata. Ipotesi, in parte, smentita, dalla Supercoppa Italiana, dalla Coppa Italia e dal secondo posto ottenuto da Simone Inzaghi, nella prima annata all'ombra della Madonnina, oltre all'ottavo di finale raggiunto in Champions League.
Ed ora il Tottenham.
Spurs quinti in classifica e reduci dal ko interno ad opera dell'Aston Villa.
Conte, in sala stampa, sentenzia che la rosa a disposizione non possa competere per importanti traguardi, se confrontati gli investimenti della società londinese con quelli effettuati da Manchester City, Chelsea o Manchester United.
Ed insomma, il solito Conte al vetriolo. Schietto, diretto e senza filtri.
Un preludio ad un addio a stagione in corso, o, quasi certamente, nel prossimo mese di giugno?.
Forse, anzi, assai probabile.
Tuttavia il canovaccio è sempre lo stesso.
Mai un interrogativo sulla qualità del suo lavoro o sulle scelte effettuate.
Mai.
Solo urla e provocazioni nei confronti dello stato maggiore dei club in cui si trovi ad allenare.
Un limite, da parte del tecnico salentino.
Un limite di pensiero e comunicativo, riproposto, troppo spesso, in società blasonate.
La dicotomia fra il suo essere allenatore esigente e dovizioso sul rettangolo verde, ma, altresì, alla ricerca del colpevole nei momenti in cui le cose non vadano per il verso giusto.
Antonio Conte: dinamitardo ed esplosivo nel ruolo di accusatore. Accusatore in casa propria.
Lorenzo Cristallo