“FISCHIETTO D’ORO”

La storia non si cancella e guai a scagliare la pietra chi si senta senza peccato.
Di recente, ma molto di frequente, in merito al caso Plusvalenze, e ai 15 punti di penalizzazione, prima concessi e poi cancellati – in attesa di nuovo giudizio – nei confronti della Juventus, abbiano fatto rumore le parole pronunciate da José Mourinho e Tiago Pinto.
Rispettivamente allenatore e direttore sportivo della Roma.
Entrambi portoghesi.
Il primo, ha dichiarato di non stupirsi del fatto che ai bianconeri siano stati dati, di nuovo, i 15 punti, sottolineando un modus operandi tipicamente "italiano". Mentre, il secondo, ieri, nel pre-gara di Europa League, fra i giallorossi e il Feyenoord, abbia affermato di non sapere se piangere o ridere in merito alla decisione assunta dal Collegio di Garanzia del CONI di rinviare un ennesimo giudizio alla Corte d'Appello Federale, rimodulando, un'eventuale, penalizzazione.
Bene.
Atteggiamento di chi si senta offeso e defraudato. Atteggiamento di chi senta alle prese con un'ingiustizia che favorisca, per un'ulteriore volta, la Juventus. Così dicono.
All'esimio signor Mourinho, però, Special One di fama internazionale, occorra ricordare una vicenda di cronaca giudiziaria che coinvolse il suo Porto, nella stagione 2003/2004.
Stagione che vide il Porto allenato da Mou, per l'appunto, conquistare la Champions League.
Eppure, la vicenda giudiziaria in questione riguardi il campionato portoghese, quando deflagrò l'inchiesta Apito Dourado, ossia Fischietto d'oro.
Porto e Boavista, i club coinvolti.
Società accusate di aver corrotto alcuni arbitri e in parte la compagine dell'Uniao Leiria.
Nel dicembre del 2006, Carolina Salgado, ex moglie del Presidente del Porto, Pinto da Costa, fu autrice di un libro, dal titolo" Eu, Carolina" in cui tirò fuori tale vicenda, confermando ed evidenziando l'operato del suo ex partner, nel ruolo di patron di una delle squadre più importanti di Portogallo.
Si tenne, di conseguenza, un processo, e la sentenza emessa consistette nella retrocessione in B del Boavista, 3 punti di penalizzazione per l'Uniao Leiria, mentre per il Porto 6 punti di penalità riguardanti il campionato 2007/2008.
La partecipazione in Champions nell'anno seguente, tuttavia, non fu messa in discussione e nonostante le rimostranze di alcune società lusitane, la formazione di Oporto potette partecipare alla massima competizione europea per club, mitigando, così, gli effetti di quella penalità.
Insomma, a pagare il prezzo più salato dell'inchiesta, Apito Dourado, fu il Boavista, mentre per il Porto, mano di velluto e zero conseguenze gravose.
Mourinho, ovviamente, non fu iscritto nell'elenco degli indagati, per quanto avvenne nella stagione 2003/2004, eppure, in quel caso, nei confronti di una delle società più prestigiose di Portogallo, non venne utilizzato, un trattamento, come dire, di favore?.
Anche in quella circostanza venne applicato un modus operandi tutto "italiano"?.
Oppure sia meglio riflettere, ricordare, ponderare, prima di ergersi a capopopolo della verità e dell'onestà assoluta?.
Lorenzo Cristallo